venerdì 23 gennaio 2009

RiPoteri

Negli anni della mia formazione politica valutavo l'atto rivoluzionario come punto puro di svolta della storia. Ovviamente presupponevo che la storia potesse essere svoltata a piacimento, tanto per l'azione di specifici gruppi umani (organizzati), quanto per la convergenza, in un dato momento strutturalmente maturo, di interessi volti al cambiamento dei sistemi.
La mia visione delle cose non è cambiata sostanzialmente, solo stressa in maniera più decisa l'aspetto sociale del potere, soprattutto in relazione a quanto accade normalmente nel nostro paese.

Ho parlato ampiamente di Tangentopoli, mi sono dilungato più del dovuto, sul fatto che i partiti della prima repubblica siano stati abbattuti non tanto dagli atti della Procura di Milano, quanto dal venir meno della base sociale sulla quale quei partiti si fondavano.
Ovviamente, come per tutte le cose, anche questa verità è parziale. Come nei meccanismi tettonici i fluidi sotterranei si spostano e si ricompongono pur restando sostanzialmente gli stessi, anche in politica lo spostamento dell'opinione pubblica determina cambiamenti, ma ciò non toglie che i bisogni espressi da questi gruppi si ricompongano prima e convergano verso altre formazioni politiche.

Credo che questa sia una delle espressioni più tipiche della politica italiana. Correnti, gruppi di pressione, consorterie, parentele familiari legittime e illegittime, corporazioni, sindacati, associazioni, costituiscono l'ossatura stabile del potere, che può spostarsi quanto si vuole, ma rimane sostanzialmente intatta nel tempo, perchè si fonda su rapporti personali e non sulla valutazione aperta e drammatica del reale. Paradossalmente questa struttura delle relazioni politiche pervade la società quasi completamente, e nel quasi rimangono solo quanti non hanno mai goduto di un "aiutino" nella vita.

Si potrebbe divertirsi a fare il tiro al bersaglio al potente di turno, ma non si eliminerebbe mai la sorgente che genera e rigenera questi potenti.

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