Da quando ho deciso di lasciare la macchina a casa le cose sono estremamente più chiare. Più netta è la mia percezione della costruzione del mondo, della vita della città, delle sue contraddizioni e dei suoi drammi. Come soldatini tutte le mattine ci incamminiamo verso il luogo nel quale guadagneremo il nostro denaro, come soldatini, tutte le sere torniamo a casa a spenderlo. O a riposarci per guadagnarlo meglio.
Come tanti piccoli automi facciamo una vita pendolante, tra due punti distinti, con qualche ora di relax per ricaricare le pile e qualche weekend che ci illudiamo ci dia un po' di libertà (che, di solito, non siamo in grado di goderci).
Qualche sera fa ho visto la pubblicità di un prodotto cosmetico che si propone di eliminare l'effetto della caduta delle palpebre e lì, come sempre, mi è venuto da sorridere. Perchè le palpebre non sono le occhiaie, che sono una forma di stanchezza, esse, quando sono cadute, sono il callo vivo della nostra prostrazione morale. Sono il sintomo evidente che ci siamo abituati a tenere gli occhi bassi, gli sguardi spenti, senza entusiasmo e senza sorrisi. La palpebra è il contrario dell'occhiaia, che è un effetto ironico dell'esaurimento delle energie, tangibile e deprecabile, anche dopo una nottata di baldoria. La palpebra è la saracinesca della nostra anima, quella che apre e chiude il nostro cuore agli altri, alla vita. Una palpebra ci consente di aguzzare lo sguardo, di imprimere interesse su una cosa, di evitare di guardare le cose belle o brutte. Se cade, se è incapace di rialzarsi, vuol dire che non la utilizziamo abbastanza.
Già, ordinariamente, la sacrifichiamo alla nostra attività lavorativa, alla perdita dei nostri sogni, all'abbandono dei progetti, alla fine della freschezza dell'adolescenza; già normalmente il pendolare della nostra ricerca schiavizzata di denaro fa sì che le nostre palpebre non siano più le stesse (pensate a quelle vecchie e sagge palpebre che hanno gli anziani quando esprimono dolore o sopresa o saggezza). Adesso ci costringono anche a ricomprarcele, le nostre palpebre, acquistando un simpatico flaconcino, che forse ridarà un po' di freschezza allo sguardo, ma che di certo non ci restituirà il nostro tempo, la nostra gioia, i nostri desideri.
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